Come delegato regionale FAVO Campania, mi sono sentito molte volte fare questa domanda. La risposta non è semplice, specie quando non si è sicuri che stiamo condividendo gli stessi significati, dati a certe combinazioni di parole.
Il filosofo Galimberti ci ricorda che le parole servono a raccontare e condividere le nostre idee. E, quindi chi ha più parole più potrà portare nel mondo innovazione.
Tutte le volte che avremo una nuova idea, una nuova visione, un nuovo progetto di modello organizzativo da realizzare, per rispondere in maniera più tempestiva ed efficace ai bisogni delle persone, dovremo usare parole nuove.
Il termine volontariato è certamente romantico ma anche arcaico; e può riportarci indietro a quando le Dame della Carità offrivano servigi ai malati poveri e abbandonati. Rischiamo di radicalizzare il concetto che il volontario è colui che fa qualcosa per gli altri perché ha tempo libero a volontà, ed a titolo gratuito?
Nella nostra modernità, dove la fitta rete di relazioni e di aiuto tra abitanti di uno stesso palazzo, di una stessa strada, di uno stesso quartiere, si è distanziata e dissolta, forse per eccesso di velocità, il volontario singolo, per quanto di animo nobile, non può più esistere.
Esistono, invece, persone che condividono un dolore forte, come una lancia che rompe l’armatura e ti trafigge; che vogliono condividere un viaggio e la meta; che, durante questo viaggio, imparano, stazione dopo stazione, a forgiare nuovi strumenti di lavoro e rimodulare la strategia.
Esistono persone che dentro un contenitore chiamato O.N.L.U.S. rendono profittevole il loro impegno, non per accumulare monete d’oro come Paperon de’ Paperoni, ma per trasformare da estemporaneo a gold-standard, un servizio terapeutico-assistenziale innovativo.
Esistono persone, che, in Italia, hanno costruito la cultura degli Hospice, delle Cure Palliative, dell’assistenza domiciliare ai malati terminali, in quanto membri di una ONLUS, che hanno reso operativo l’articolo 118 della Costituzione Italiana.
Organizzazioni non-profit, prendendo a modello le esperienze anglosassoni, che, dagli anni 80, hanno iniziato a rispondere, prima a livello domiciliare, alla complessità e mutevolezza dei bisogni dei malati terminali e delle loro famiglie, e, poi, costruendo strutture residenziali, gli hospices appunto, dove la persona,e non una sommatoria di organi malati, ricostruisce la sua casa, per godere, in piena libertà e serenità, della sua vita, sapendo che, intorno a sé, diversi professionisti, in team, cuciono, solo per lui, un comodo e funzionale, mantello sartoriale.
Non si può parlare di cure palliative senza ricordare che solo il coraggio e la lungimiranza delle organizzazioni non-profit ha permesso di rendere diffusi ed inalienabili valori quali qualità della vita, dignità della persona malata, rispetto delle volontà espresse, famiglia come oggetto e soggetto di cura, valore della multiprofessionalità. Fondazione Clotilde, Compagni di Viaggio Onlus, FAVO Campania, hanno deciso di fare un viaggio insieme, non per rendere meno brutta la morte, di quanto non lo sia, solinghi, in una Terapia Intensiva di anonimi ospedali, e nemmeno per fare il piano bar domenicale.
Stiamo insieme, per migliorare quotidianamente le performance dei tutti professionisti che operano per le persone prese in carico, attraverso formazione continua e percorsi di sostegno per contrastare l’emersione di burn-out; per supportare le istituzioni nel percorso di una innovazione non più procrastinabile; per offrire a tutti gli ospiti, siano essi residenziali di hospice o in assistenza domiciliare, occasioni per riappropriarsi di libertà perdute, per essere creativi, per giocare, per godersi la vita, per amare e lasciarsi amare…senza fine….
Quante volte, in questi mesi di lockdown e distanziamento sociale, ci siamo sentiti come questo fiorellino? Parti molto diverse tra loro, assemblate in un equilibrio architettonico indecifrabile e perfetto. Basta un soffio di vento per far cadere, uno ad uno, i petali, disperdendo, in un attimo, bellezza ed ingegno, che Madre Natura ci ha donato. Così è la nostra Vita, sospesa ad un filo, sulla cui tenuta…nel tempo non abbiamo alcuna influenza.
Fabrizio Capuano